Il mio primo post virale…
… e cosa ci dice sui finanziamenti in cybersecurity.
Il 28 maggio ho pubblicato questo post su LinkedIn che ha generato 54.739 impression e 52 commenti.
Mica male per un settore come il nostro dove molti sono presenti su LinkedIn ma in modo silenzioso!
Dopo la gratificazione iniziale (non lo nascondo, ero molto contento di questo boom improvviso!) ho iniziato a farmi delle domande.
Ormai condivido contenuti su LinkedIn da più di un trimestre e l’elaborazione di questo non è stata troppo differente da tutti gli altri. Eppure solo questo ha raggiunto i numeri che hai avuto modo di vedere.
Certo, le scelte dal punto di vista di copy & media possono essere state più azzeccate, ma io credo che la ragione di questo successo sia un’altra, e qui entri in gioco TU.
Sì, perché questo post è andato virale perché ha espresso un pensiero comune tra chi lavora in cybersecurity, che rappresenta una delle principali cause di frustrazione nel nostro lavoro:
I finanziamenti nella cybersecurity sono limitati, difficili da ottenere e complicati da indirizzare nel modo giusto.
Chiunque lo capirebbe, anche solo leggendo i commenti sotto il post:
Purtroppo la sicurezza IT viene ancora vista come un costo e non come un fattore abilitante.
Questo è un enorme problema e, forse, l’ostacolo più grande allo sviluppo in questo senso delle nostre imprese.
Eppure è chiaro a qualsiasi addetto ai lavori che in gioco non c’è solo qualche credenziale o un paio di informazioni sensibili, ma l’intero futuro dell’azienda.
Mi capita spesso di ripeterlo, perché è vero, ma di aziende costrette a chiudere dopo un attacco hacker se ne sente parlare sempre più spesso e non si può più pensare che siano casi isolati.
Allora perché l’imprenditore non si ravvede e non inizia a investire come si deve?
Questa è la domanda, perché l’imprenditore medio non è miope, è sommerso.
Sommerso da problemi urgenti, sommerso da richieste di investimento, sommerso da voci di spesa che promettono ROI più immediati.
Per questo il nostro ruolo, come professionisti dell’IT, non può limitarsi alla competenza tecnica.
Se ogni discussione parte da tecnicismi avulsi dalla prospettiva dell’imprenditore, non ci si può aspettare di essere compresi.
Dobbiamo, tutti, imparare a parlare di più nel linguaggio del business e di meno in quello della tecnologia.
È difficile, perché la deformazione professionale ci porta a perderci nei discorsi tecnologici, ma è uno sforzo necessario.
Dobbiamo insistere e avere più attenzione per l'outcome e gli esiti che vogliamo generare, che sono ciò che interessa ad imprenditori e investitori, e non solo per l'implementazione di questa o quella tecnologia.
Quindi serve perseveranza, ma anche una visione strategica della tecnologia all’interno del business e il giusto linguaggio con cui proporla.
Ho iniziato a pubblicare Payload proprio per dare questi strumenti ai professionisti della cybersecurity e spero di riuscirci.
Come sempre, il mio intento è di creare uno scambio di opinioni, perciò se hai un pensiero da condividere con me non esitare!
Alla prossima,
Ale
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